Gli Omega-3 estratti dal pesce non servono ad un piffero.
E chi se l’aspettava, ci avevano detto che gli Omega-3 estratti dal pesce prevengono la morte cardiaca improvvisa, non solo ma prevengono il rischio di infarto e di ictus.
L’ultimo studio, il più recente ed il più sostanzioso pubblicato su The Journal of the, Americal Medical Association, che prende in esame 24 studi condotti su 70.000 pazienti, ha rilevato che non c’è nessuna differenza frà chi prende Omega-3 estratti dal pesce, e quelli che non li prendono.
Addirittura uno studio su 12.500 pazienti condotto in doppio cieco randomizzato (e quindi assolutamente sicuro), ha rilevato che la mortalità non cambia neppure di una virgola, frà chi prende Omega-3 estratti dal pesce, e fra chi non li prende.
Uno studio su 3500 pazienti cardiopatici, randomizzato in doppio cieco, ha rilevato che la mortalità è leggermente superiore in chi prende Omega-3 (4% superiore) estratti dal pesce che in chi non li prende.
Ovviamente tutti questi pazienti cardiopatici erano in trattamento con altri farmaci, i classici farmaci che si usano nelle cardiopatie (digitale, furosamide, statine ecc.).
Devo dire che anch’io ho condotto uno studio sugli Omega-3 estratti dal pesce, studio organizzato dall’Istituto Mario Negri di Milano, che ha coinvolto circa un migliaio di medici, ed un numero non indifferente di pazienti, studio che è durato cinque anni e che si è concluso tre anni fa, i cui risultati non mi sono mai stati resi noti.
Ebbene, io avevo 20 pazienti in doppio cieco, ed ho avuto durante lo studio frà questi 20 un decesso per infarto miocardico.
Ho voluto per curiosità rompere fra i denti la capsula di quel paziente deceduto, per accertarmi se prendeva il placebo o il farmaco, ebbene rompendola mi sono reso conto che era proprio olio di pesce e non olio di semi (l’olio di pesce ha un sapore inconfondibile e molto forte); quindi l’unico paziente deceduto che ho avuto era uno che non prendeva il placebo ma gli Omega-3 ( e questo è avvenuto verso la fine dello studio).
Spero che questi ultimi studi possano orientare meglio i pazienti che leggono, nell’impostare la terapia.