“Sai, ho commesso molti errori nella mia vita; è per questo che adesso mi ritrovo a vagare da solo per le strade, senza una meta, senza una casa, senza nulla…” disse il vagabondo.
“Capisco. Dunque hai commesso delle azioni riprovevoli che hanno causato sofferenza e dolore a molte persone, nonché a te stesso?”
“No, niente di tutto ciò; ho solo fatto parecchi sbagli, nel valutare le cose della vita, e scegliere di conseguenza la giusta direzione”.
“Quindi hai semplicemente fatto delle scelte?”
“Sì, ma quasi tutte sbagliate…”
“E quali sarebbero le tue colpe? Quelle di essere stato sempre troppo precipitoso nel valutare le cose della vita e di non aver mai dato ascolto a nessuno, a causa dell’inesperienza?”
“Sì, presumo proprio di sì”
“Quindi la causa primaria delle tue colpe sarebbe da imputare all’inesperienza, giusto?”
“Bè, credo di sì”.
“Ma da giovani l’inesperienza è prerogativa di tutti; nessuno ne è immune”.
“Ma allora dove ho sbagliato?”
“Non lo so, dimmelo tu. Forse nel non sottometterti mai alle decisioni altrui? Nell’essere sempre stato libero e padrone delle tue scelte? Nel non aver seguito quella strada che tutti volevano che tu percorressi, per poi ritrovarti a vivere una vita che non avresti più sentito tua? Quando il denominatore comune di ogni scelta è l’inesperienza della gioventù, vi sono solo due cose che determinano il destino di un individuo: la sua stessa natura, quella del suo mondo interiore, della sua immagine della realtà …e il caso. Puoi essere padrone delle tue scelte, ma non del tuo destino. E ora dimmi, in questa tua condizione, ritieni nonostante tutto di essere sereno e felice?”
“Sì, credo di sì …almeno quanto qualcuno la cui vita non è mai dipesa dalle scelte e dalle decisioni altrui”.