"Dopo la riunificazione delle due repubbliche tedesche, federale e democratica (il 3 ottobre del 1990), le persone residenti nella Germania Est iniziarono a fare a gara nel trasferirsi il più presto possibile nella confinante Germania Ovest; la “terra promessa” in cui chi aveva la fortuna di approdare, poteva godere di tutte le meraviglie del capitalismo. I più audaci quindi, spinti dall’illusione della “libertà” e dal desiderio di sperimentare sulla loro pelle, quell’eccitante sensazione data da una libera competizione verso ricchezze e potere, sostenuti solo dalla loro vanità e avidità, si riversarono in massa nella terra che avevano sempre sognato. Chi riuscì a realizzare i propri sogni, grazie alle proprie doti intellettive ed intuito negli affari (ma grazie anche ad una buona dose di fortuna e in molti casi anche di astuzia e disonestà), si convinse quindi della validità e degli innumerevoli pregi del sistema capitalistico; portandone alta la bandiera . Ed oggi sono proprio i nuovi ricchi del est (ormai non più giovani), coloro che durante la loro infanzia vissero sotto regime comunista, ad ostentare maggiormente le loro ricchezze. Per tali persone, il successo (denaro e potere a volontà), è figlio indiscusso della selezione naturale; visto che per raggiungerlo, occorre passare per la competizione (ad ogni costo, con ogni mezzo, calpestando chiunque intralci il loro cammino). I più forti vincono, i più deboli soccombono, così vuole la dura legge della natura; questa è la loro filosofia di vita. Ma è fin troppo facile adottare questa filosofia di vita quando si è dei “vincenti” e rinnegarla invece quando si è dei “perdenti” (elogiando in tal caso il buon vecchio regime comunista). Un “vincente” quindi dovrebbe mostrarsi sempre coerente con le proprie idee e nel caso in cui il destino dovesse tradirlo (o metterlo alla prova?) facendogli perdere ogni ricchezza materiale, avere almeno il coraggio di suicidarsi. Invece il più delle volte capita che tali signori, invece di fare ciò che per coerenza con le loro idee dovrebbero fare (togliersi di mezzo), improvvisamente, trovandosi sull’orlo di un precipizio (o essendoci già finiti dentro), al culmine della loro ipocrisia, diventino dei “buonisti”; dei docili, simpatici ed amichevoli “fratelli” in cerca dell’ “Unità”. Ma forse è un bene che sia così; tutti hanno il diritto (o il dovere?) di capire, quando il fato ci mette duramente alla prova, che in realtà non esistono né perdenti e né vincitori, a questo mondo,ma solo persone che meritano di vivere dignitosamente. La selezione naturale (almeno quella legata alla competizione per le risorse, poiché quella legata agli adattamenti ambientali ed epidemiologica, non dipende dal livello evolutivo di alcuna specie animale) possiamo tranquillamente lasciarla alle specie animali meno evolute della nostra; poiché tali specie non sanno ciò che fanno e i loro comportamenti, sono quindi giustificabili; ma gli esseri umani sanno esattamente ciò che fanno, ne sono pienamente consapevoli, ed è per questo motivo che sono tutti biasimabili. Ma forse sono ancora io a sbagliarmi; infatti, finché negli esseri umani prevarranno determinati "impulsi neurogenetici di antico stampo", le cose non potranno mai cambiare in meglio; e la realtà che osserviamo oggigiorno a livello sociale, è solo il risultato di un livello evolutivo ancora piuttosto basso, della nostra specie animale".Fausto Intilla