La nostra impostazione del problema " vita-morte" è una impostazione che esclude la morte.
Cioè, in realtà, per noi la morte veramente non esiste. E non esiste inquantochè, nello stesso corpo umano, ciò che veramente vive è sempre l'anima. Il corpo soggiace a certe leggi biologiche e la vera vita è della mente, dell'intelligenza. L'uomo è tale in virtù di questi attributi. Il corpo non potrebbe avere null'altro che una certa meccanicità, una certa funzionalità ma, in voi, quello che veramente vi contraddistingue è la presenza dello spirito. Certo, non è che lo spirito vi contraddistingua nella banalità dei vari momenti della giornata. Esso non è certo nelle mille operazioni che un uomo svolge durante la giornata...
Lo spirito e' nelle vostre maggiori attività di pensiero, nell'assunzione di certe esperienze, di certe particolari attività che riguardano tutto l'essere.
Quando operate una scelta tra il bene e il male, quando scegliete la direzione della vostra esistenza in un settore o l'altro del bene, dell'etica, della morale. allora vi è lo spirito!... Sotto questo profilo, dunque, quando muore il corpo non muore niente! E' un'immagine, è una figura che muore. Si dissolve, si trasforma.
Anche sotto il profilo strettamente biologico la morte non esiste, non è che un fenomeno di " reversibilità". La materia ritorna alla materia, alla grande Natura, e il corpo si disintegra e ritorna ad essere quello che era prima di nascere. Non era altro che una serie di realtà, di consistenze bio-elettriche le quali raggrumate, per così dire, consolidate entro una cellula hanno dato vita al corpo e non avviene altro, alla morte, che l'operazione inversa. Tutto si rescinde. la cellula torna in libertà e la materia, che è passata attraverso una sua particolare trasformazione, che era diventata un "corpo", torna energia come lo era prima, un'energia che torna all'energia.
Da questo punto di vista la notazione o l'ammonimento biblico. "Sei polvere e alla polvere tornerai!" è fondamentalmente esatto, nel senso, appunto, di quella che è la realtà della materia.
Ma quando ciò avviene, contemporaneamente si ha un altro fenomeno. La vostra personalità, la parte vera autentica di voi stessi, può seguire lo stesso fenomeno della morte?
A questo punto si prospettano le due tesi antitetiche: quella spiritualista e quella materialista. Secondo la tesi materialista, la cosiddetta anima - questa essenza - si distruggerebbe col corpo.
Ma, in realtà, questa essenza che viene riconosciuta anche dal materialismo, era veramente legata in maniera indissolubile al corpo? Veramente il corpo esprimeva lo spirito, o lo spirito era un secondo elemento posto accanto al corpo?
La tesi materialista non tien conto del fatto dell'interdipendenza fra corpo o soma e realtà intelligente dell'uomo, e non tien conto del fatto che la personalità spirituale si svolge durante la vita dell'uomo in maniera opposta a quella del corpo, tanto è vero che sorgono conflitti continui fra istinti corporali, istinti biologici, e istinti, per così dire " mentali". In altri termini, fra mente e corpo vi è, durante la vita, una lotta continua. E' una lotta continua che non dipende soltanto dall'adeguarsi all'etica o alle leggi sociali, quanto, effettivamente, da una consistenza personale e da un valore personale, che è diverso dal valore dell'istinto della materia. Insomma, se voi doveste seguire esclusivamente l'istinto della materia dovreste svolgervi al livello delle bestie, e dovreste poter sopravvivere e conservarvi solo in conseguenza di una lotta biologica.
La lotta biologica non esiste fra gli uomini. Esiste una lotta mentale, una lotta per l'affermazione di principi, una lotta di natura sociale o di natura economica; non esiste una lotta biologica, salvo che in casi delinquenziali, ben delimitati. E l'uomo si accorge di questa lotta continua, che e', da una parte, la lotta o l'istinto della materia che si muove entro e fuori certi orizzonti, certe direzioni, e dall'altra quella che e' invece della personalità profonda vera dell'individuo, che si svolge lungo certi binari di un'etica non più di natura sociale, ma di natura sostanziale, tutta "dentro". Voi, per questa etica personale, per questo istinto, per questo inconscio spirituale, sacrificate spesso il vostro corpo, e lo sacrificate quando lo soffocate, quando controllate i vostri istinti, quando vorreste far certe cose e non le fate perché la vostra natura spirituale si rifiuta, si ribella, perché se voi faceste certe cose, non ne avreste pace e il rimorso vi distruggerebbe continuamente.
E perché tutto questo?
Perché secondo la tesi del materialismo tutto questo non dovrebbe esserci, se lo spirito risultasse essere semplicemente una estrinsecazione biologica, cioè un prodotto della natura. E un prodotto della natura non può essere contrario alla natura, ma funzionale ad essa, interno allo schema della natura stessa. Questa lotta fra l'inconscio spirituale e l'istinto biologico dimostra invece che l'origine dell'inconscio spirituale non può derivare dalla natura, perché non può creare principi opposti a sé e cioè che le sono antitetici. Entro uno schema ed entro certe leggi l'effetto " spirituale", in quanto materialisticamente risultante dagli elementi biologici, non potrebbe contrastare con la natura stessa.
Ora questa riflessione, che e' del tutto obiettiva e che si presta ben poco ad una opposizione, e' una delle principali armi in difesa della seconda versione che si dà del fenomeno della morte e cioè di questo elemento indipendente che segue leggi sue proprie. In base a queste leggi sue proprie, che noi definiamo leggi dello spirito, esso svolge dopo la morte un suo ruolo. Infatti, questo spirito, questa presenza inconscia fortissima nell'uomo, se non è di natura materiale come appare da questo brevissimo esame della tesi del materialismo, evidentemente non segue le leggi della natura.
E se non le ha seguite durante la vita, perché dovrebbe seguirle al momento della morte?
Non le ha seguite durante la vita quando e' stato in continua lotta con i principi biologici, quando ha lottato costantemente con la natura, cioè col proprio corpo materiale, quando ha soffocato certi istinti materiali per una sua pace interiore, per un suo bisogno di integrità, perché dovrebbe soggiacere proprio in ultimo ad una legge che non gli appartiene, cioè a dire alla legge della natura?
Che è vita o morte o, per meglio dire, trasformazione o evoluzione. Quindi seguirà sue leggi.
E quali possono essere le altre leggi se non sono quelle materiali? Quelle spirituali, non c'e' alcuna altra risposta! L'opposto della legge materiale e' la legge spirituale. E possiamo chiamarla legge mentale, o psichica, e possiamo darle tutti i nomi che vogliamo, non ha importanza, la sostanza del discorso rimane sempre la stessa: e' una serie di leggi che e' oltre la morte, che non e' toccata dalla morte o dalla trasformazione della materia e quindi se essa non soggiace a una legge finita, essa e' in un'orbita in cui le leggi non sono più finite. Tralasciamo il fatto se il "non essere finito" comporti necessariamente l'infinito; quello che ci interessa e' che alla morte del corpo quest'anima non muore.
Ora, evidentemente, al momento della morte accadono molti e complessi fenomeni. Chi muore in realtà non soffre. La sofferenza, come ben sapete in quanto noi lo abbiamo già detto, e' semmai del corpo. Un corpo può soffrire perché una certa morte può essere dolorosa in senso biologico, certamente. Ma la morte, come dolore, non tocca lo spirito in sé, cioè non e' il fenomeno della morte a dare dolore. e' quello della malattia a dare dolore. La distinzione e' importante, soprattutto tenendo conto di tanta gente, a comprova di ciò, che muore tranquillamente o muore, come voi dite, senza accorgersene, passando dal sonno alla morte.
Si, certo, morire cosi e' comodo, e' bello, e' simpatico.
E' simpatico inquantochè non si ha quello choc violento del dolore materiale, ma in ogni modo, questo comprova che la morte, senza un fatto fisico doloroso, in sé non ha alcun dolore. E non potrebbe averlo, un dolore, inquantochè la morte, da un punto di vista strettamente spirituale, è l'allontanamento dello spirito dal corpo, dell'anima dal corpo. E noi facciamo una distinzione fra anima e spirito. Ordunque l'anima, in cui e' compreso lo spirito, soggiace a certi fenomeni, direi quasi a delle necessità tecniche. Nel momento in cui il corpo muore, l'anima e' lucidamente consapevole di quello che avviene.
L'anima vede il suo corpo che e' morto, se ne rende conto, sente l'ambiente che le e' intorno, le sofferenze dei cari. Avverte dolore di queste sofferenze e questo fenomeno di attenzione, di veglia, dura uno o due giorni, qualche volta un po' di più, qualche volta un po' meno.
Poi cosa accade? L'anima cade in una specie di sonno letargico, diciamo noi, cioè perde coscienza di sé, e si risveglia dopo un periodo variabilissimo che dipende da molte circostanze che sarebbe qui troppo lungo elencare. Questo tempo di sonno e' proporzionato alla sua evoluzione spirituale. E perché c'e' questo sonno? Questo sonno e' necessario per diverse ragioni. Fra le principali vi e' che l'anima ha bisogno di questo sonno per liberarsi da una sorta di richiamo terreno, un richiamo che e' forte non appena si muore. Essa ha bisogno di non essere turbata dal dolore dei cari che sono rimasti in Terra, quindi, durante questo sonno, si svolge un fenomeno singolarissimo.
Il trapassato "sogna" tutta la sua vita cioe', in altri termini, si ripresenta in lui un po' tutta la sequenza della sua esistenza e nella sua semincoscienza tutta particolare, lo spirito - quando si risveglierà - riavrà presenti davanti a sè le fondamentali azioni compiute e potrà quindi, risvegliandosi, fare un bilancio esatto del bene e del male, dell'utilità o inutilità della propria vita, vagliare insomma le singole attività, i singoli affetti, collegandoli col quadro generale della sua evoluzione. Ora, questo sonno che tende appunto a isolarlo, a lasciarlo solo, e' un sonno impenetrabile. Cioè a dire, nel momento in cui effettivamente l'anima cade in questa sonnolenza, in questo letargo, e' in una posizione di privilegio. Non può comunicare con alcuno, né alcuno può comunicare con essa, e' praticamente come un letargo animale, proprio necessario. L'anima ha quindi questa possibilità di riepilogo, di sintesi, di vaglio della sua vita e, alla fine, potrà fare appunto questo bilancio.
E perché questo? Perché contrariamente a quanto si crede in Terra, il giudizio sullo spirito non lo fa Dio, non e' Dio il giudice! Giudice dell'anima e' l'anima stessa. Cioè, ognuno di voi, quando ritornerà spirito, vaglierà da solo la propria esistenza, e non c'e' tema che possa sbagliare, ecco la necessità del letargo che e' automatico. Non dipende dallo spirito, non e' lo spirito che può richiamare quello che gli fa comodo, e quello che non gli fa comodo lo mette da parte. E' un fenomeno spontaneo al quale l'anima non può sottrarsi. E l'anima e' in condizioni di giudicarsi con assoluta equità e severità, e può vagliare effettivamente quello che di giusto o di non giusto ha fatto, ciò che di utile ha fatto soprattutto rispetto al programma che scelse quando venne in terra, perché l'anima decide da sola l'esperienza da fare in terra.
Ora la fedeltà a questo programma, il vaglio dell'utilità o meno di certe situazioni che affrontò in terra, sono al suo diretto esame, e alla fine lo spirito si accorgerà da solo degli errori compiuti e accorgendosene ne soffrirà e naturalmente vorrà , cercare di sanarli, " espiare", per cosi dire, certe infrazioni e questo sarà il suo purgatorio. Il letargo dura un periodo che, all'incirca, secondo il vostro tempo, e' di tre o quattro mesi. Dopo, lo spirito si risveglia ed e' completamente libero, cioè è completamente sveglio, per intenderci, e quindi può vagliare esattamente le sue responsabilità, le azioni che egli mosse nel corpo per suo volere. Di questo e' responsabile, e delle azioni del corpo alle quali egli non poté fare opposizione, non e' responsabile. Le responsabilità dello spirito sono viste in una maniera completamente diversa da quella che voi potete immaginare. Cioè, vi sono azioni del corpo (la maggior parte) che non sono volute dallo spirito, e sulle quali lo spirito non ha potuto svolgere nessuna censura, alcuna azione, per cui, ad un certo punto, vi sono effettivamente manifestazioni che sfuggono al controllo dello spirito, oppure casi in cui veramente la mente materiale prende il sopravvento, e quando lo spirito non può veramente fare nulla egli non e' responsabile. Egli svolge un giudizio sulle azioni che veramente hanno potuto dare certe esperienze, certi significati. Di queste egli risponde. Egli non risponde, naturalmente, delle banalità della sua vita, della sua giornata terrena. Risponde soltanto delle azioni veramente impegnate, veramente importanti e, ciò soprattutto, perché lo spirito scelse per grosse linee un suo programma, come quello ad esempio di capire il significato della solidarietà umana, il significato della carità, l'importanza del dolore (scegliendosi una vita di sofferenza).
Ora, in fin dei conti allo spirito interessano esperienze valide sul piano spirituale, e non gli interessano tutte le beghe sociali e umane. Lo spirito svolge un suo particolare ruolo. Egli dalle esperienze umane trae soltanto quegli elementi che sono utilizzabili sul piano spirituale. Non e' l'esperienza in sè che ha importanza per lo spirito. Per esempio, se il corpo lavora in terra questa esperienza non serve allo spirito e perché ? Perché egli, nell'altro mondo, di questa esperienza di lavoro materiale non sa che farsene, inquantochè non gli serve. Egli, però, dal tipo di lavoro può trarre esperienza; egli può capire l'importanza dell'attività, dell'evoluzione, della forza, della volontà nel lavoro. Egli, insomma, può trarre dall'esperienza di fare il falegname ad esempio un'esperienza di tipo diverso e capire l'importanza dell'attività, del moto, della necessità del lavoro in senso astratto, in senso funzionale allo spirito. E questo valore del lavoro gli serve anche dopo, perché egli e' in evoluzione.
Lo spirito non e' fermo. Lo spirito che intuisce veramente, che capisce l'importanza dell'attività, l'importanza dell'applicazione, l'importanza della meditazione e l'importanza di capire il prossimo, per esempio, va avanti. Il prossimo esiste anche nel nostro mondo, vi sono altri esseri viventi intorno a noi. Ma per capire l'importanza della fraternità, bisogna acquisirne l'esperienza, e dove la si può acquisire bene? In Terra! Perché in Terra il concetto di fraternità e' fortemente ostacolato e lo spirito che riesce ad afferrare, a capire l'importanza della fraternità in Terra, la utilizzerà anche dopo. E cosi via di seguito. Insomma lo spirito trae attraverso il corpo i significati, le esperienze vere che non sono quelle apparenti del mondo, ma quelle che stanno " dentro" le varie attività. Quando riesce a cogliere la maggior parte di queste esperienze la sua evoluzione nell'ambito della Terra e' finita, non ha più ragione di vivere in essa. Cosi, se uno spirito, per esempio, vuole scendere in Terra per capire l'importanza della carità e se riesce ad afferrarla, ad impadronirsi spiritualmente di questo concetto ed a svolgere praticamente questa virtù, nel momento in cui l'ha messa in pratica e l'ha veramente digerita, in Terra non ci resta più. Può darsi che egli raggiunga questa verità a trent'anni e a trent'anni il corpo muore. Perché rimanere ancora in Terra per lo spirito sarebbe inutile.
Ora tutto questo apparentemente voi non lo vedete e non lo potete vedere perché tutto questo fenomeno " occulto" della vostra vita si maschera nei rivoli delle attività banali della società, del mondo. Ma in questi rivoli apparentemente banali si celano queste potenti necessità dei vostri spiriti che vengono in Terra per delle ragioni ben precise. Insomma non e' possibile che voi concepiate un Dio, il quale crei lo spirito, e lo crei per il semplice gusto di farlo venire in Terra a perder tempo, semplicemente per incarnarsi in quel ricco e passare la sua vita tra i bagordi, ecc. ecc... Quando sarà morto il corpo, lo spirito si troverà davanti a quel suo giudizio e capirà tutta l'importanza della sua vita magari inutile, di una vita che poteva essere sfruttata in un altro modo, di esperienze che si potevano conquistare in un altro modo, e via di seguito>>.