Ho ricevuto oggi da un gruppo cui sono iscritta i seguenti testi di John Hagelin che mi è caro riportare qui perché credo possano essere di interesse comune.
1^ Parte
"La ristrutturazione dei fondamenti della fisica alla luce della scienza Vedica di Maharishi"
John Hagelin, Ph.D.
John Hagelin, autorità a livello mondiale nel campo della fisica delle particelle elementari e in quello della cosmologia e dell’astrofisica, raggiunge la notorietà, già prima del suo Ph.D. ottenuto nel 1981 a Harvard, quando ipotizzò una nuova specie di interazione per le particelle ("B Meson Mixing"), la cui verifica sperimentale, nel 1986, fu considerata la più importante scoperta dell’anno per la fisica.
Invitato a lavorare al CERN di Ginevra, continuò la collaborazione ad alto livello anche dopo aver assunto l'incarico di direttore del "Doctoral Program in Physics" presso la MIU (Maharishi International University) a Fairfield, Iowa. In quel periodo furono pubblicati sulle più importanti riviste specializzate più di 50 suoi studi - alcuni dei quali sono rimasti, nel loro settore, dei fondamentali punti di riferimento.
Nel 1987 Hagelin propose una nuova teoria di unificazione totale delle quattro forze fondamentali - gravitazione, elettromagnetismo, nucleare forte e debole, la "Supersimmetry Flipped SU(5)" sviluppata in collaborazione col CERN e con l’università del Wisconsin. La teoria risolveva i principali problemi irrisolti delle teorie precedenti e divenne col tempo lo standard per la teoria di unificazione totale o "teoria del tutto". Attualmente essa è confluita nella teoria della "Superstring".
Hagelin ha approfondito i rapporti che esistono tra la scienza moderna e la Scienza Vedica, riportata alla luce da Maharishi Mahesh Yogi, lavorando in stretto contatto con Maharishi stesso per una descrizione della natura in cuiil campo unificato quantistico della fisica moderna coincide con il campo della coscienza cioè con l’illimitato oceano della coscienza, l’atman, il Sé della Scienza Vedica di Maharishi.
Hagelin è tuttora impegnato nell’approfondimento di questi nuovi princìpi scientifici e nella promozione, anche a livello dei governi, di tecniche e di programmi per la loro utilizzazione volta a risolvere i problemi della vita sociale e politica e soprattutto per creare la pace nel mondo.
L'articolo che segue è stato scritto da John Hagelin nel 1989, ma rimane uno scritto fondamentale e affascinante. In esso Hagelin evidenzia la necessità di nuove denominazioni che partano da un fondamentale rinnovamento della visione della realtà.
Era profonda convinzione di Einstein che le leggi di natura avessero un fondamento semplice, geometrico e unificato, e che questa unificazione potesse essere compresa dall’intelletto umano. Negli ultimi due decenni una quantità di importanti scoperte in questo campo ha portato a una comprensione sempre più unificata delle leggi della natura, culminata nella recente scoperta di teorie di un campo completamente unificato. Queste teorie permettono, per la prima volta, una descrizione coerente e completamente unificata delle particelle e delle forze elementari come di un unico campo autointeragente.
Questi risultati segnano l’inizio di una nuova era nella fisica – un’era in cui l’origine e il fondamento unificato di tutta questa scienza sono pienamente evidenti. Questa situazione senza precedenti richiede un nuovo concetto e un nuovo linguaggio della fisica – in cui le particelle e le forze elementari, e in realtà tutta questa scienza, vengano chiaramente compresi ed espressi in rapporto alla loro origine unificata nel campo unificato.
La struttura della creazione secondo la Scienza Vedica
Molte migliaia di anni fa, i veggenti dell’Himalaya scopersero, attraverso l’esplorazione dei livelli silenziosi della loro consapevolezza, un campo unificato in cui tutte le leggi si trovano insieme in un unico stato di assoluta completezza. Questa unità della natura veniva sperimentatadirettamente come un campo autointeragente di coscienza illimitato, onnipervadente, immutabile e origine autosufficiente di tutto ciò che esiste.
Questi veggenti sperimentarono e dettero espressione alle dinamiche autointeragenti attraverso le quali questo campo unificato da luogo in modo sequenziale al sorgere della diversità di tutte le leggi di natura.
Negli ultimi 30 anni Maharishi ha riformulato questa conoscenza in un quadro scientifico che è insieme accessibile ed empiricamente verificabile: ponendo così la Scienza Vedica nel filone più importante del pensiero occidentale e dando ad essa nuova vita anche in Oriente.
Il postulato fondamentale della Scienza Vedica è che il campo unificato sia essenzialmente un campo di coscienza. Come tale, esso automaticamente ha in sé entrambe le caratteristiche dell’esistenza e dell’intelligenza. Nel linguaggio della Scienza Vedica queste sono conosciute come atman e buddhi. Il primo è stato tradotto come "pura coscienza" o "sé", poiché il campo unificato è la realtà più profonda e in quanto tale la vera identità di ogni cosa nella creazione.
Buddhi significa intelligenza – la qualità dinamica, discriminativa, creativa del campo unificato, necessaria per l’emergere spontaneo e sequenziale della struttura diversificata delle leggi di natura.
Per questa sua essenziale natura di intelligenza, il campo unificato è consapevole della sua propria esistenza. Questa proprietà di coscienza determina, entro il campo della coscienza, una struttura di "tre-in-uno" di conoscitore, conosciuto e processo del conoscere: la coscienza (il conoscitore), è consapevole della coscienza (il conosciuto) attraverso l’attività della coscienza (il processo del conoscere). Nella Scienza Vedica il conoscitore, il processo del conoscere e il conosciuto sono chiamati rispettivamente rishi, devata e chhandas (vedi grafico).
La relazione dinamica fra questi tre determina una dinamica auto-interagente (conosciuta come il Ved), che dà luogo ad un ricco spettro di modi vibrazionali. Tra questi modi vi sono le cinque categorie fondamentali della materia e dell’energia, o tanmatras: akasha, vayu, tejas, apas, e prithivi – responsabili di tutto quanto l’universo materiale.
Queste cinque si combinano a formare tre entità più olistiche, o prakritis, conosciute nel contesto dell’Ayur Veda come vata, pitta e kapha. Queste sono le tre costituenti fondamentali dell’universo fisico, e formano la base della conoscenza Ayur-Vedica e dell’approccio alla salute e alla longevità.
Questa dinamica e questa sequenza di espressioni, dall’unità alla diversità, possono essere viste come un approfondimento (commentario), sempre più elaborato, della natura dell’atman stesso. Ogni fase nel dispiegamento sequenziale delle leggi di natura dal campo unificato è una spontanea inevitabile conseguenza della natura della coscienza e della sua dinamica auto-interagente.
Secondo questo punto di vista fondamentale, espresso dall’aspetto Vedantadella letteratura Vedica, la meccanica della creazione non inizia con il campo della coscienza per procedere verso la materia; l’intera sequenza di espressione avviene all’interno del campo della coscienza. Il processo della creazione è solo un sempre più elaborato approfondimento della natura della coscienza stessa, ed è spontanea e inevitabile conseguenza dell’aspetto discriminativo della coscienza (buddhi) verso il conoscere sé stessa sempre più completamente.
Il dispiegamento della creazione secondo lo Shiksha
Questa meccanica spontanea e sequenziale della creatività della natura è riassunta in un verso tratto dalla letteratura Vedica che descrive la meccanica del linguaggio. Poiché l’individuo e il cosmo sono uniti alla loro base, la consapevolezza individuale, o atman, e l’espressione di sé stessa attraverso la meccanica del linguaggio, è direttamente parallela alla meccanica della creazione nella natura. Questa meccanica viene analizzata in un verso dello Shiksha, sul quale Maharishi ha fornito questa elaborazione: "Atman buddhi arthan manas vivarta kayagni vayu akasha".
Il linguaggio è una espressione di atman, il sé. Il suo emergere ha inizio quando l’aspetto intelligenza dell’atman, o buddhi, distingue nell’atman la struttura tre-in-uno del conoscitore, del conosciuto e del processo del conoscere. Questi tre sono rappresentati da arthan, che significa gli "oggetti del buddhi". Tutte le possibili relazioni tra questi tre, e le connesse sfumature di significato, costituiscono il dominio di manas, o “mente”. Questi quattro (atman, buddhi, arthan e manas) sono tradizionalmente collegati con l’aspetto soggettivo dell’esistenza.
Questi sono seguiti da vivarta che significa "apparente trasformazione". Esso descrive la transizione dalla soggettività all’oggettività che avviene, secondo Maharishi, quando l’impulso soggettivo del pensiero viene tradotto, attraverso il DNA, in neuropeptidi ed altre proteine complesse che costituiscono la biochimica del pensiero. Questo rappresenta anche il punto di giunzione tra la meccanica quantistica e quella classica nella struttura della fisiologia umana. Esso è chiamato “una trasformazione nell’apparenza” perché, secondo la Scienza Vedica, la transizione dalla meccanica quantistica a quella classica, o dalla coscienza alla materia, in realtà non avviene mai. La natura non è mai separata dalla coscienza, e l’emergere del comportamento ‘classico’ è solo una questione di apparenza.
Viene poi kayagni, o “fuoco dell’intelligenza”. Quando l’impulso del pensiero entra nella biochimica, crea (insieme ad altri cambiamenti fisiologici) un’impulso a ‘espirare’, che porta a un movimento dell’aria (vayu) e, attraverso le corde vocali, alla produzione del suono, che poi si propaga attraverso lo spazio (akasha).
Qui di nuovo il punto chiave che emerge dalla descrizione della Scienza Vedica, è che la transizione da atman a buddhi ad arthan, etc., in realtà non avviene mai. Buddhi, arthan, manas, etc., esistono tutti all’interno della natura dell’atman stesso. L’intelligenza non è fuori della coscienza: è la natura stessa della coscienza. La distinzione tra conoscitore, conosciuto e processo del conoscere non è al di fuori dell’intelligenza, ma è la natura stessa dell’intelligenza. Tutta la meccanica sequenziale della creazione esiste all’interno del campo della coscienza. E’ soltanto un approfondimento sempre più elaborato sulla natura della coscienza, come viene concepita intellettualmente attraverso il proprio aspetto discriminativo, o buddhi. Per questo l’idea della diversità separata dall’unità è un concetto errato fondamentale. Questo concetto errato è conosciuto come pragya aparadha o "errore dell’intelletto".
Il pragya aparadha avviene quando nella meccanica della creazione dal campo della coscienza l’intelletto perde di vista l’essenziale unità che è la vera natura del sé. A causa di una mancanza di flessibilità nella neurofisiologia, in qualche parte della progressione sequenziale dell’unità verso la diversità, viene perduta l’esperienza dell’unità. L’intelletto rimane catturato nella sua propria creazione. Esso viene adombrato dalla percezione della diversità fino a perdere contatto con l’unità, che è invece la reale natura del sé che in cui avviene la distinzione. Questo errore dell’intelletto è così fondamentale per la natura della vita e del vivere, da essere ritenuto responsabile di tutti i problemi e di ogni sofferenza nella vita.
Tuttavia, se la consapevolezza è sufficientemente stabilizzata nella sua natura unificata, e se lo sviluppo sequenziale del sé dall’unità alla diversità viene percepito con chiarezza, allora il pragya aparadha viene eliminato e non viene mai perduto il contatto con la base unificata dell’esistenza, anche mentre si godono le sue diverse espressioni.