Molto difficile per noi comuni mortali è capire ciò che noi usiamo chiamare con il termine di “tempo”.
Per la nostra realtà nulla ci è più misterioso e sfuggente del tempo; esso ci appare come la forza più grande ed inarrestabile dell'universo, che ci accompagna inesorabilmente dalla culla alla tomba.
Che cos'è dunque il tempo? Molti filosofi, scienziati, poeti e artisti hanno cercato di dare una qualche risposta a quello che è uno dei grandi interrogativi irrisolti dell'uomo.
Nel VII secolo Sant'Agostino nelle Sue Confessioni diceva: “Se nessuno me lo chiede, so cos'è il tempo, ma se mi si chiede di spiegarlo, non so cosa dire”. Il noto filosofo esistenzialista contemporaneo Martin Heidegger, allorché si accinse a scrivere un saggio sul tempo, affermò che gli mancavano le parole per poter parlare di questo argomento.
La maggior parte di noi uomini coscienti tende ad associare il tempo ai fenomeni di cambiamento e/o evoluzione, ma sotto c'è forse dell'altro, che nella nostra fretta di vivere ci sfugge!
Le domande non mancano. Il tempo si muove in una sola direzione, dando vita a un presente in costante cambiamento? Il passato esiste ancora? Se si, dov'è finito? Il futuro è già determinato, e ci aspetta, anche se non lo conosciamo? Ecc.
Può sembrare strano, ma la fisica ha sempre cercato di evitare questa domanda, lasciando piuttosto l’arduo compito ai filosofi. Il motivo è probabilmente dato dalla schiacciante autorevolezza di Newton ed Einstein per il modo con cui hanno plasmato lo spazio, il tempo ed il moto.
Entrambi hanno costruito modelli dell'universo di straordinaria chiarezza, ma poi, una volta fatta la struttura, non si sono preoccupati eccessivamente delle fondamenta; e questo lascia spazio a potenziali confusioni.
Senza alcun dubbio, le loro teorie sono piene di grandi verità, ma tutt'e due danno il tempo come qualcosa di scontato: è un mattone al pari dello spazio, un elemento primario. Einstein lo ha addirittura fuso con lo spazio per creare uno “spazio-tempo” a quattro dimensioni; infatti una delle grandi rivoluzioni della fisica moderna:“la relatività”, è completamente imperniata sul “Tempo”.
Nella “relatività” Einstein aveva eliminato il concetto più Newtoniano di spazio e tempo assoluti, infatti gran parte della difficoltà nostra a comprendere la teoria della “relatività”, proviene dalla riluttanza umana a riconoscere che il senso del tempo, come ad esempio quello del colore, è solo una nostra forma di percepire alcune cose che ci succedono attorno.
Come non esiste in realtà ciò che noi definiamo “colore” senza il nostro occhio per recepirlo, così un istante, un’ora un giorno, sono indistinguibili senza gli avvenimenti che li caratterizzano; quindi come lo spazio possiamo identificarlo come un possibile ordine di oggetti materiali, così il tempo è identificabile come un possibile ordine di avvenimenti.
Eistein spiegava la soggettività del tempo con queste parole: “le esperienze di un individuo ci appaiono ordinate in una serie di singoli avvenimenti, che Noi ricordiamo apparire ordinati secondo il criterio di anteriore e posteriore. Esiste quindi per l’individuo un tempo suo proprio soggettivo che in se stesso non è misurabile”.
Noi possiamo associare numeri ed eventi in modo tale che un numero maggiore sia associato ad un avvenimento posteriore, piuttosto che anteriore, e questa continuità possiamo quantificarla per mezzo di un orologio, che è uno strumento nostro utilizzato per contare lo scorrere di una serie di avvenimenti; per cui, mentre noi svolgiamo il nostro lavoro quotidiano, l'orologio atomico di Bonn tiene il tempo terrestre.
Ma comunque sia, che il tempo sia segnato dall'orologio di Bonn, dal vostro, dal mio, o quello di un abitante di un pianeta della galassia di Andromeda, sono sempre solamente tutti tempi soggettivi che gli esseri coscienti avvertono in relazione all’ambiente in cui si trovano a vivere; ad esempio un paziente seduto sulla poltrona di un dentista avverte sicuramente in modo diverso il tempo scandito dall’orologio atomico di Bonn, rispetto ad un ascoltatore seduto in poltrona mentre ascolta una sinfonia di Mozart.
Sin dai tempi più antichi due concezioni diverse del “tempo” si sono scontrate, per esempio tra i Filosofi Greci, Eraclito sosteneva la necessità dell’eterno scorrere di tutto, e Parmenide sosteneva invece che il tempo ed il moto non esistessero.
Ben pochi pensatori nelle epoche successive presero sul serio le idee di Parmenide, per trovarne uno bisogna arrivare sino ai tempi nostri; l’Inglese Julian Barbour teorico di astrofisica e del tempo, il quale sostiene nella sua tesi, che l’eterno fluire di Eraclito non è che una Nostra radicata illusione.
La sua teoria è che l’universo “quantico” sia statico, esistente come una serie di stati indipendenti dal tempo, governati solo dalla loro probabilità di esistere.
Dice Barbour: “la nostra nozione di tempo deriva dall’osservazione di questi stati, il tempo è una nostra pura illusione, in quanto che i fenomeni dai quali deduciamo la sua esistenza sono reali, ma Noi li interpretiamo in modo sbagliato per il motivo che le radici del nostro sapere affondano essenzialmente ad oggi in due teorie di fisica definite come: meccanica classica, e meccanica quantistica, che danno una visione non olistica del Tutto, e quindi a volte possono anche risultare fuorvianti”.
Comunque la teoria più vicina al concetto del tempo di Barbour sicuramente è la meccanica quantistica, in quanto essa presume che non ci sia una singola successione di stati, ma ogni possibile successione di stati, e che quindi tutti i possibili avvenimenti siano presenti nello stesso tempo; siamo noi con la nostra mente che decidiamo che stato seguire e/o vivere, mentre per la meccanica classica il tempo è qualcosa come un invisibile filo sul quale vengono appesi in successione gli avvenimenti.
La nuova fisica vivifica ed apre nuovi orizzonti verso una miglior comprensione circa l'antico enigma esistente tra i concetti di tempo, libero arbitrio e determinismo; infatti la teoria della relatività di Eistein ci apre una visione di un universo esteso nel tempo oltre che nello spazio, senza toglierci una certa qual libertà d'azione; e la teoria dei quanti, che attribuisce alla nostra mente un ruolo così importante, ci aiuta a capire più a fondo la questione del libero arbitrio poichè, in effetti, il fattore quantico ha spazzato via la vecchia concezione deterministica dell'universo, secondo cui tutto ciò che facciamo è stato prestabilito dai meccanismi universali prima ancora della nostra nascita.
Cosa si nasconde dunque in realtà dietro il nostro sentire del Tempo?