Conferenza FAO guarda al futuro della 'rivoluzione blu'
La recente scoperta di melamina, una sostanza tossica, nel mangime utilizzato da alcuni allevamenti ittici statunitensi, pone in evidenza secondo la FAO una delle sfide che dovrà fronteggiare il boom dell’acquacoltura – da cui proviene circa il 44 per cento di tutti i prodotti ittici consumati su scala mondiale. La melamina è la stessa sostanza che di recente ha causato il ritiro dei mangimi per animali domestici negli Stati Uniti e in Canada. Le vie tortuose che hanno consentito che finissero nei mangimi per prodotti ittici destinati al consumo umano, sottolineano quanto sia difficile garantire la sicurezza per la salute in un’epoca caratterizzata dalla prevalenza di reti di produzione, trasformazione e distribuzione transnazionali. Mangimi prodotti in Cina con glutine di grano andato a male sono stati esportati da una ditta americana e rivenduti ad almeno due fornitori canadesi i quali, di rimando, li hanno riesportati negli Stati Uniti come mangimi destinati all’acquacoltura. Gli ufficiali sanitari canadesi e statunitensi sostengono che la contaminazione sia stata di scarsa entità e che comunque la melamina ingerita dal pesce viene eliminata velocemente e, quindi, non costituisce un pericolo per il consumo umano.
Un mercato ittico globalizzato
In tempi più recenti, in parecchi stati americani sono state bandite le importazioni di pesce gatto (o pesce spatola), dopo che da alcuni test su filetti surgelati è stata riscontrata la presenza di antibiotici vietati. Il gigante della distribuzione Walmart è dovuto intervenire con prontezza e ritirare il prodotto da tutti i suoi negozi negli Stati Uniti. Secondo Lahsen Ababouch, esperto FAO di sicurezza igienico-sanitaria del pesce, questi incidenti dimostrano quanto sia importante garantire la sicurezza dei prodotti di acquacoltura, il comparto produttivo alimentare che da oltre un decennio registra il maggior tasso di crescita. " Attualmente, la catena globale di produzione e fornitura di prodotti ittici è estremamente complicata," sostiene Ababouch. " Considerato che quasi la metà di tutto il pesce consumato è d’allevamento e che il reddito giornaliero di circa 12 milioni di persone dipende da questa attività produttiva, è cruciale garantirne la sicurezza per la salute e il più alto livello qualitativo possibile."
Tendenze e sfide future
Assicurare la sicurezza per la salute e la qualità dell’intera filiera produttiva del pesce è uno dei principali temi che si discuteranno questa settimana a Qingdao, in Cina, nel corso della conferenza di tre giorni su acquacoltura e commercio, organizzata dalla FAO e dal Ministero dell’Agricoltura cinese (Qingdao, 29-31 Maggio). Vi saranno sessioni destinate specificatamente alla sicurezza igienico-sanitaria del pesce negli allevamenti, alla crescente complessità delle linee guida del sistema normativo internazionale che disciplina l’importazione del prodotto ittico d’allevamento, nonché alla definizione di una tracciabilità equa ed a sistemi per l’etichettatura che consentano ai venditori e ai consumatori di conoscere la provenienza del pesce. La discussione verterà, inoltre, su vari altri temi, come la globalizzazione della filiera mondiale di approvvigionamento del pesce, le tendenze di mercato che contribuiscono al continuo boom dell’acquacoltura, i temi legati all’ambiente e alla sostenibilità, la crescente concorrenza tra acquacoltura, allevamento di pollame e le scorte vive destinate a diventare olio di pesce per mangimi.
Le difficoltà dei piccoli itticultori
Secondo Jochen Nierentz, del programma FAO GLOBEFISH, la FAO è particolarmente interessata a come i piccoli allevatori poveri nel mondo in via di sviluppo possano porsi di fronte agli standard normativi sempre più rigorosi richiesti per l’esportazione nei paesi sviluppati. Non va dimenticato che il 98 per cento dei pescatori e degli itticoltori del mondo vive nei paesi in via di sviluppo. "Sono certamente giustificate le preoccupazioni riguardo la salute umana. La sfida è far sì che tutti i criteri usati per valutare la sicurezza igienico-sanitaria siano fondati su dati scientifici consolidati e che gli itticoltori, sia dei paesi in via di sviluppo che nei paesi sviluppati, non si trovino ad essere iniquamente svantaggiati”, ha detto Ababouch.
Il 44% di tutto il pesce consumato è d’allevamento
La quantità di pesce d’allevamento in questi ultimi anni è aumentata in modo vertiginoso, afferma Rohana Subasinghe, esperta FAO in materia d’acquacoltura. Solo nel 1980, la percentuale di pesce d'allevamento destinata al consumo umano si limitava al 9 per cento. Oggi invece ammonta al 44 per cento, ha fatto notare. La FAO è convinta che l’acquacoltura responsabile sia la chiave per soddisfare la crescente domanda mondiale di pesce e ridurre la pressione sugli stock ittici di mare aperto.
Fonte: newsfood.com